How to train your dragon, un inno alla diversità
- Lorenzo Puglisi
- 4 apr 2020
- Tempo di lettura: 4 min
Il film che ho scelto per questo mio primo articolo fa parte di una trilogia di film d’animazione della nota casa cinematografica Dreamworks, la quale ha prodotto capolavori indimenticabili come la saga di Shrek, quella di Madagascar, di Kung Fu Panda o appunto quella che ho scelto di analizzare. Parleremo oggi infatti di How To Train Your Dragon (in italiano Dragon Trainer), trilogia ambientata nell’isola vichinga di Berk che ha appunto come protagonisti umani e le famose creature mitologiche. Per il momento ci soffermeremo solo sul primo capitolo della saga, giusto per evitare spoiler dato che i tre film si concatenano perfettamente gli uni con gli altri, e non vorrei rovinare la vostra visione se non siete in pari con i film o se non li avete ancora visti (in tal caso spero di darvi dei buoni motivi per farlo, e credetemi, ce ne sono).

Il film è del 2010 ed è diretto dai registi Chris Sanders e Dean DeBlois e si basa sulla serie di dodici libri per ragazzi (dal titolo italiano infinito) Le eroiche disavventure di Topicco Terribilis Totanus III (o più semplicemente How to Train Your Dragon) della scrittrice inglese Cressida Cowell.
La trama è semplice ma nasconde diverse tematiche molto profonde: nell’isola di Berk i vichinghi devono convivere con costanti attacchi da parte dei draghi, i quali rubano le loro scorte di cibo. Il figlio del capo vichingo, Hiccup è il freak e outsider di turno che cerca in tutti i modi di farsi valere in una comunità di guerrieri di cui non può far parte vista la sua indole pacifica e considerata dagli altri debole. Più che un guerriero è un inventore, si diletta a costruire armi e macchinari per combattere i draghi, ma una notte, durante l’ennesimo attacco dei draghi, Hiccup ha l’occasione di testare il suo coraggio e, proprio con una delle sue invenzioni, abbatte un drago (peccato che il suo “eroico” gesto sfugge alla vista degli altri combattenti impegnati nella battaglia) e non un drago qualunque, bensì una furia buia (Night Fury) il più potente e pericoloso dei draghi, nonché ultimo della sua specie. Il giorno dopo la battaglia il giovane vichingo va a verificare l’esito del suo attacco e trova il povero drago ferito ad un’ala. Il momento è giunto... in una scena con il massimo della tensione e il tema musicale del film incalzante, Hiccup ha l’occasione di diventare un vero vichingo, di poter entrare a far parte di quella comunità che lo ha sempre deriso e abbandonato, pugnale alla mano è pronto a finire il drago che giace immobile ai suoi piedi. Ma Hiccup non è un vichingo come gli altri, non riesce a finire una creatura indifesa, neanche una “pericolosa” come un drago. Ed è in questo momento che Hiccup accetta se stesso per quello che è e decide di creare una protesi per il drago che ha ferito. Ma non si limita a questo, cerca infatti di capire l’indole del drago e del perché attacca il villaggio.
Come ogni film d’animazione che si rispetti i due diventano inseparabili amici, Hiccup affida al drago il nome di Toothless (“Sdentato”, poiché ha i denti retrattili), e volano in giro per le varie isole. Grazie a questa amicizia il giovane umano scopre molto sulla natura dei draghi e sul perché fanno razzie di cibo, essi sono infatti costretti a farlo da un drago malvagio chiamato Morte Rossa (Red Death), potremmo definirlo il drago alpha, considerato il più forte di tutti anche per via della sua stazza mastodontica a cui gli altri draghi devono ubbidire per non essere divorati da esso.

Il film è a parer mio, quello che più di ogni altro fa capire l’importanza dell’amicizia, del rispetto degli altri, soprattutto degli outsider (Hiccup), i quali non vanno discriminati solo per via dei loro gusti o atteggiamenti, vanno anzi integrati, e del diverso (Sdentato e i draghi in generale). La Morte Rossa e i vichinghi rappresentano invece la società, pronta a farsi beffe e a divorare (in questo caso letteralmente) i più deboli e buoni.
La Dreamworks, così come la Pixar non è estranea a trattare temi delicati che sono sì importanti per i bambini, ma nascondono perle che anche gli adulti sono in grado di apprezzare, basti pensare al secondo capitolo di Kung Fu Panda che sostanzialmente racconta lo sterminio di un’intera specie, o al primo Shrek il quale tratta anch’esso il tema dei diversi ma in modo più elementare rispetto al film che abbiamo esaminato. Dove sta la differenza vi chiederete? Basti pensare già ai personaggi dei due film, in Shrek sono tutti personaggi delle favole, dai tre porcellini a Cenerentola, da Pinocchio a Robin Hood, sono tutti molto più family friendly (nonostante non manchino battute a doppio senso spesso anche a sfondo sessuale). Questo perché Shrek era il primo film con cui la Dreamworks iniziava a farsi notare e iniziava a sperimentare quelli che saranno poi diventati i capisaldi del suo stile, che troviamo invece in maniera più esplicita nei film successivi, come il trattare appunto tematiche che anche gli adulti possono apprezzare e l’osare nel mettere questi contenuti più per adulti (la morte, la ricerca di se stessi, la discriminazione), cosa che purtroppo ha perso negli ultimi anni. In How to train your Dragon, invece, nonostante la presenza dei draghi, lo spettatore vedendo protagonisti umani, lo sente più vicino a se, e il film risulta “più realistico” e di conseguenza il messaggio viene accolto in maniera più diretta. Con quanto detto fin qui non voglio assolutamente negare l’efficacia nel lanciare dei messaggi di film con protagonisti degli animali, dipende tutto dal tono che ha il film, molto più scanzonato in film come Shrek e Madagascar, molto più serio in How to train your Dragon o Le cinque leggende.
Detto ciò, se siete amanti dei film di animazione e che veicolano tematiche alla Tim Burton sono sicuro che apprezzerete il film di cui vi ho parlato.
Spero che questo articolo vi sia piaciuto, non mi resta altro che augurarvi buona visione e alla prossima!
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