La sua natura è quella di cambiare
- Stefano Terenziani
- 2 mag 2020
- Tempo di lettura: 6 min
Le trasformazioni che negli ultimi anni hanno modificato il mondo cinematografico sono epocali, non c'è dubbio. A partire dalla produzione fino ad arrivare alla distribuzione. Le innovazioni digitali hanno aperto portali, orizzonti sconosciuti. Ora possiamo creare un’immagine a partire da un algoritmo invece che da una cinepresa piazzata davanti alla realtà, simulata certo, ma sempre realtà. Le modalità di visione e distribuzione del prodotto cinematografico, anche se relativamente nuove, non più necessariamente relegate alla sala cinematografica, sono diventate travolgenti. Relativamente perchè a partire già dall’avvento della televisione il cinema aveva provato paura per il suo futuro, allora era un concorrente diverso, distribuiva anche altri contenuti frutto del suo “linguaggio” e il cinema che produceva in proprio era comunque, salvo rarissimi casi, “televisivo”. Ora invece i canali streaming producono contenuti in tutto e per tutto cinematografici, film e serie, ad un ritmo impressionante, Netflix ha presentato la sua prima produzione originale solo sette anni fa e ora ha una capitalizzazione in borsa di 150 miliardi. Tutto va maledettamente veloce e il cinema in sala è tornato a tremare. Molti temono la scomparsa del cinema come lo abbiamo sempre conosciuto, ma se usiamo la memoria possiamo arrivare a capire che non ci deve spaventare il cambiamento, il cinema è figlio del progresso e della tecnica, nasce come fotografia in movimento e partorito dalla ricerca scientifica, necessita di strumenti per realizzarlo, magari semplici in origine ma sempre più complicati con il passare dei decenni, che ne cambiano la struttura, ma il contenuto viene a volte addirittura espanso.
La sua Natura è quella di cambiare, sempre. Ricordiamo insieme che passa la paura. Parte muto a manovella, semplice come un bambino, guarda una cosa, gira la manovella e filma la realtà.
Cresce velocemente, diventa un bel ragazzo, si guarda intorno e scopre nuove storie: i classici. Porta la letteratura a milioni di persone che non sapevano leggere e scrivere, ma le storie non bastano allora ne inventa di proprie e il suo successo è travolgente: “la settima arte”, il cinema diventa un prodotto di autentica “arte popolare”. È muto, si, ma da sempre sente l’esigenza di parlare, ecco perchè in sala qualcuno con un piano o qualche strumento cerca di accompagnare le immagini, si usano anche grammofoni e dischi in vinile. All’improvviso questo giovane uomo sui trent'anni, sicuro di se e dei suoi mezzi, prende una porta in faccia, SBAM! Nel 1926 quegli stronzi degli scienziati inventano il “sonoro” e in un attimo il “talk movie” era nato, sincronizzare suono alle immagini era realtà.
Dico "stronzi" perchè a quel tempo tanti inorridirono, si parlava di fine del mezzo cinematografico. Maestri come Chaplin rifiutarono il “parlato” per anni. Dal 1928 al 1936, data di uscita di Tempi moderni, Chaplin si limita ad inserire commenti sonori, suoni di accompagnamento, ma mai dialoghi, ed anche in Tempi moderni lo sentiamo solo cantare, ancora non si fidava, considerava il dialogo una regressione del linguaggio cinematografico, un ritorno al “teatro”. Che inizialmente era pure vero, la messa in scena si stringeva intorno ai primi rudimentali microfoni, castrando la libertà di registi e attori, tutti i progressi fatti fino a quel momento dal linguaggio cinematografico sembravano impediti. Tutto era in funzione di raccogliere il suono delle parole. Chi ha visto Cantando sotto la pioggia si ricorderà degli attori costretti a parlare vicino ad un cespuglio dove era nascosto il microfono. Oltre che essere un capolavoro racconta bene quel passaggio storico (chi non l’ha visto non so se insultarlo o invidiarlo).
Perfino il cineoperatore inizialmente era rinchiuso insieme alla cinepresa in una specie di “sarcofago” che doveva contenere il rumore che la cinepresa faceva, non era certo “silenziosa” e alcuni operatori svenivano pure per il caldo che faceva li dentro.
Altri maestri seppur condividendo il fastidio per questa “regressione teatrale” iniziarono in corsa ad adottare questa nuova tecnologia, parlo di calibri grossi come Alfred Hitchcock o Fritz Lang. Ricatto (Blackmail) del 1929, undicesimo lungometraggio di Hitchcock, fu iniziato addirittura muto e convertito in sonoro a lavorazione in corso, e Alfred iniziò subito a usare il sonoro per “raccontare”.
Con il suo primo film sonoro, M - Il mostro di Düsseldorf del 1931, Fritz Lang apre la strada a tutti usando questa nuova tecnica in maniera davvero magistrale. Addirittura in apertura di film sentiamo la voce di bambini che giocano su fondo nero ancora prima di vederli, poi una bambina vittima del mostro non rientra da scuola dopo averlo incontrato. A casa la madre, ad aspettarla invano, chiama il suo nome che riecheggia nel vuoto che Lang ci mostra sulle grandi scale e in spazi comuni del palazzo, deserti, fino ad arrivare al palloncino della bambina portato via dal rumore del vento. Quella voce che chiama nel vuoto è più angosciante del volto della madre alla quale non viene regalato neanche un primo piano.
Il capolavoro poi è compiuto nel momento in cui il Mostro viene individuato dal venditore cieco di palloncini, il venditore cieco! Egli lo riconosce dal motivetto che l’assassino stesso usa fischiettare, se questo non è afferare le novità e usarle per far crescere il linguaggio cos’altro? “Chapeau”.
Tutto questo fino a quel momento avveniva in larga parte in BIANCO e NERO.
I tentativi di colorare erano vecchi quanto il cinema, coloravano la pellicola a mano, si usavano mascherini, rudimentali pellicole a uno o due colori, ma il risultato era inguardabile, infastidiva più che altro. Fino all'arrivo del technicolor, una scoperta scientifica ben più datata, ma che negli anni '30, con un nuovo processo finalmente basato su tre colori base, portava la naturalezza dell’immagine ad un livello accettabile. Primo ad adottarla non poteva che essere Walt Disney, poi nello stesso decennio Il mago di Oz e Via col Vento, tra i tanti altri. Colori saturi e brillanti, finalmente vicini alla realtà, e col tempo poi la ricerca porterà le pellicole ad un sempre più elevato rispetto della morbidezza dei toni, delle luci e delle ombre.
Questo significa una completa e piena maturità del cinema, un mezzo fatto di luci e ombre, dove la luce è costruttrice di senso. Il cinema la raggiunge questa maturità a cavallo degli anni '30/'50, anche se molti continueranno ad usare il bianco e nero, per una scelta stilistica non imposta, ma il sistema piano piano adotterà il colore definitivamente.
Quelli furono decenni di grande libertà creativa: il dialogo “scatenava” definitivamente gli sceneggiatori, il punto di vista dei registi sempre più originale e innovativo, il lavoro degli attori si esaltava. Una incredibile quantità di talenti europei fuggiti dal nazi-fascismo trovarono a Hollywood la terra promessa, contribuendo in maniera fondamentale al periodo d’oro del Cinema. I “generi” cinematografici portavano alla grande massa del pubblico un “alfabeto” che ancora oggi usiamo. In seguito poi, in tutto il mondo, veri e propri movimenti culturali iniziavano ad “interpretare” quelle regole codificate, ad adattarle alle loro esigenze espressive; come il “Neorealismo” in Italia, la “Nouvelle Vague” in Francia, il “Free Cinema” in Inghilterra e dal lontano Giappone arrivavano opere di Grandi Maestri. I figli mettevano in discussione i padri, il cinema usciva dagli studi cinematografici per correre nelle strade. Poi cambiarono pure i formati, sempre più panoramici nel tentativo di offrire un esperienza che la televisione con il piccolo 4/3 non poteva dare. E ancora il fallimento di Hollywood e la rinascita di un nuovo cinema “Americano” negli anni '70, bello e indipendente, nuovi autori, nuova forza. E ogni volta le capacità espressive del mezzo cinematografico si espandevano.
Via cosi fino alla rivoluzione digitale che è ancora in atto, lentamente i costi di produzione si sono abbassati, permettendo a battaglioni di registi, improvvisati e non, di cimentarsi nella settima arte, anche se squattrinati, anche se incapaci. Miliardi di persone fanno fantastiliardi di foto e video oggi, credendosi tutti fotografi e registi, ma ora tutti se hanno qualcosa da raccontare possono provarci.
Si è discusso spesso della morte del cinema, ben prima delle difficoltà delle sale cinematografiche. In anni recenti l’avvento delle multisale è stato disastroso, come i centri commerciali per i piccoli commercianti, si è perso tanto in fatto di “bio-diversità”, parafrasando l’Agricoltura, la società si è impoverita culturalmente e non solo. Ma possiamo pure dire che il Cinema si è mangiato la Tv, il nemico per eccellenza. La televisione come contenitore di contenuti è morto, se non lo è sta malissimo, è diventato principalmente il mezzo di distribuzione di contenuti cinematografici che abbiamo citato a inizio articolo. La tecnologia, nuovamente, ha permesso di trasmettere in streaming il cinema: i film e le serie non sono più “televisive”, per forma e contenuti sono Cinema vero e proprio.
Le persone leggono sempre meno libri, tanto che un noto scrittore di cui non ricordo il nome e mi spiace ha detto: “Gustave Flaubert oggi non scriverebbe romanzi ma serie tv probabilmente”.
Allora la natura del Cinema è quella di cambiare. È realizzato con macchine, strumenti che si aggiornano per modificare e migliorare se stessi. E' fatto di tecnologia. Il suo prodigio è proprio nel fatto che da tutta questa tecnologia con cui è fabbricato si sprigioni una quantità cosi enorme di umanità: risate, lacrime, spavento, stupore. Tutta l’arte di cui siamo capaci messa insieme: scrittura, recitazione, fotografia, canto, ballo, scenografia, architettura...
Ora al posto delle grandi major Hollywoodiane ci sono i canali streaming, laddove c’erano Warner Bros e Metro Goldwin Mayer ci sono Netflix e Amazon, e altre ancora. La sala cinematografica dal canto suo sta ritrovando forza proprio nel piccolo, i cinema d’essai sembrano rinascere, gli appassionati non rinunceranno mai ad una esperienza collettiva, ma neanche il pubblico in generale ne sono convinto. Esperienze funeste come la recente epidemia di Covid-19 stanno lì a dimostrarlo, come esseri umani abbiamo necessità di uscire, incontrarci, condividere fisicamente un'emozione. Possiamo inorridire certo all’idea di vedere un film sul cellulare, ma anche se in formato ridotto un'emozione il Cinema la darà per sempre.
Lunga vita al cinema.
Grazie mille! Ho espresso pensieri e sentimenti che provo da quando ho iniziato a studiare storia del cinema, il tempo è galantuomo e sta confermando queste e altre teorie. Il cinema resterà sempre il mezzo di intrattenimento e accesso alla cultura più economico che ci possa essere. Non richiede particolari livelli di istruzione, raggiunge tutti, è praticamente eterno, non morirà mai ❤️
Bellissimo articolo, informativo e formativo. L'evoluzione è una fortunata caratteristica dell'uomo, e il cinema non poteva che... allinearsi a questo DNA! Il cinema, in questo sinteticamente prezioso articolo, è un corpo biologico in perenne evoluzione, oggi con una velocità evolutiva forse maggiore a quella dell'umanità stessa, non so. La voce (un vagito?) del bambino nel primo film sonoro è un qualcosa di "umanamente" entusiasmante. Complimenti per l'articolo.