La vita è meravigliosa?
- Stefano Terenziani
- 14 apr 2020
- Tempo di lettura: 7 min
Pandemia.
Il mondo intero è chiuso in casa preoccupato per il suo futuro. I Paesi coinvolti, chi più chi meno, hanno pensato inizialmente di mettere gli interessi economici davanti alla vita delle persone, certi si sono spinti ad ipotizzare di non far nulla per contrastare l’epidemia, avvallando una primitiva legge del più forte. Poi la gravità della situazione ha spinto tutti ad un impegno, ad un sacrificio, per aiutare la parte più debole ed esposta della nostra società. Si è passati da “colpisce solo i vecchi”, come a dire “è un prezzo che possiamo pagare”, a “tutti devono essere salvati”. Ora la visione di un mondo dove tutto ha un “prezzo”, dove la finanza e gli interessi economici hanno la supremazia sulle persone, potrebbe essere messa in discussione. Non è la prima volta e so per certo che non sarà l’ultima. L’epidemia fa dire a molti “niente sarà più come prima”, il dibattito è acceso, da una parte chi crede che la “distanza sociale” vada estesa dai singoli ai confini delle nazioni, un mondo dove il più forte pensa a se stesso, dall’altra chi spera che finalmente si guardi alla società come un luogo dove nessuno viene abbandonato, dove la solidarietà è l’unica risposta. E tutti noi in un periodo storico come questo possiamo essere facile preda dello sconforto, del pessimismo.
Personalmente credo che il mondo possa essere migliore, che arricchirsi non sia il fine ultimo di un’esistenza, che provare a fare la cosa giusta in ogni singolo momento della nostra vita può salvare noi e gli altri. La qualità del “nostro” mondo dipende da noi stessi, il comprensibile sconforto non ci deve far pensare che siamo impotenti. Non piangersi addosso è la regola. Questo io penso.
Una convinzione e una fiducia negli esseri umani che mi viene anche e soprattutto dalla mia passione cinematografica, ha radici nell’opera di uno dei più grandi autori della storia del cinema, un italiano che ha fatto grande il cinema Americano, Francesco Rosario Capra. Che una società non potesse essere solo corsa alla ricchezza, regolata dalla competizione, Frank Capra ce lo ricorda in tante sue pellicole. Quello che vi invito oggi a riconsiderare è, a detta del suo stesso autore, il migliore film che abbia realizzato: La vita è meravigliosa. Non è solo un film, un capolavoro, è uno strumento formidabile per riconsiderare il vostro presente, specialmente se il vostro presente non è come lo vorreste, ad interrogarvi su quello che avete fatto della vostra vita in passato e di cosa ne potreste fare in futuro. Ci ha dato gli strumenti per trovare la speranza, un sentimento che non ha confini.
E seconda cosa, non è un film natalizio! Lo è diventato perchè la televisione, per decenni, lo ha programmato sotto le feste natalizie. Il debito “Dickensiano” del testo originale e l’ambientazione natalizia del finale lo collocano facilmente in quell'atmosfera, ma originariamente e nell’intento del regista è un film sulla perdita della speranza. Per ricordare che nel momento più grave, della disperazione più profonda, è necessario trovare un altro sguardo sull’esistenza, un punto di vista dal quale vedere cosa effettivamente da “valore” ad una vita degna di essere vissuta. Un film per dire ai “disperati”: non siete soli, per quanto male possano andare le cose alla fine non sarete abbandonati, perchè “la vita di ogni uomo confina con la vita di molti altri” (Frank Capra dalla sua autobiografia).
Un film per tutte le stagioni quindi, in particolare per quelle difficili che stiamo attraversando. Frank Capra stesso lo realizzò in un momento difficilissimo della sua vita, al ritorno dalla Seconda Guerra Mondiale, a digiuno dal set da molto tempo, in rotta con la Columbia Pictures e il sistema Hollywoodiano. Si indebitò per realizzarlo e per fondare La “Liberty Films”, insieme all’ex produttore capo della Columbia Samuel J. Briskin e ai colleghi registi William Wyler e George Stevens, una società di produzione che doveva sancire l’indipendenza degli autori dai meccanismi commerciali e produttivi degli studios. Si deve alla caparbietà di Capra il riconoscimento di “autore” che viene riconosciuto al regista nel nostro presente, è dopo di lui che diventa uso comune dire e scrivere “un film di....”; prima c’era il nome delle grandi star in cima al cartellone. Non a caso la sua autobiografia si intitola FRANK CAPRA il nome sopra il titolo. Libro consigliatissimo a chi ama il Cinema Classico e le Storie di Grandi Uomini.

Immigrato a sei anni negli Stai Uniti, nato in sicilia da umili genitori, dell’Italia non ha ricordi, ma sa bene cosa significhi partire dal basso, si fa strada da solo, entra nel cinema dalla porta di servizio, trovarobe, addetto alla stampa e sviluppo delle pellicole, poi piccole sceneggiature scritte per le comiche del muto, fino al ruolo di regista e grazie al successo dei suoi film la Columbia Pictures diventa una delle grandi case di produzione Hollywoodiane. Quindi in questo film Capra ha messo tutta la speranza in un mondo migliore, tutta la voglia di riscatto e tutte le sue convinzioni etiche e politiche.
Spesso viene frettolosamente liquidato come il regista del “lieto fine” per sminuire le qualità di grande narratore che possedeva, ma qui parliamo veramente di un lieto fine totale, solo le pietre possono resistere alla commozione. Ne La vita è meravigliosa il racconto procede per gran parte con i toni della commedia alternati a scena drammatiche. Il lieto fine è tale e liberatorio perchè preceduto da un intensità drammatica che ha pochi eguali, il sottofinale è carico di tensione, in un crescendo da film noir ci sono: flashback, più ombre che luci, primi piani contrastati e intensi, inquadrature anomale ed effetti sonori, la scelta di girarlo in bianco e nero era proprio per la necessità di accentuare la disperazione del protagonista che con il colore si sarebbe persa (inorridite quindi davanti ad un versione colorizzata, ne girano diverse, purtroppo).
James Stewart, George Bailey, un ruolo che vale una carriera intera, l’eternità artistica, un uomo pieno di sogni, fin dall’infanzia sogna di viaggiare e conoscere il mondo, ha un'idea precisa di cosa è giusto, ma la vita gli presenta sempre situazioni nelle quali deve scegliere tra se stesso e gli altri, persone che ama e rispetta a tal punto da mettere sempre in stand-by i suoi desideri per il loro bene.
Con il suo lavoro porta avanti la società fondata dal padre e aiuta la povera gente ad acquistare una casa senza farsi strozzare dagli interessi di una banca. Questo lo porta ad essere rivale dell’avido e senza scrupoli Henry F. Potter, interpretato da Lionel Barrymore, proprietario della Banca di Bedford Falls e di quasi tutte le attività produttive del paese, interessato ad acquisire anche la “Bailey Costruzioni e Mutui” per ottenere così il monopolio sulle vite di tutti i cittadini. George Bailey si impegna, tra le altre cose manda il fratello all’università, si sposa con Mary Hatch, interpretata da Donna Reed, meravigliosa in una parte a cui in origine non era candidata, hanno quattro figli, ed insieme affrontano tutti gli ostacoli. La loro storia d’amore vive di situazioni sentimentali molto intense, ma mai banali o melense, condite sempre da magnifica ironia, come quando James Stewart chiede a Donna Reed se vuole che lui prenda la luna al lazo per lei, e un vicino di casa lo invita a parlare meno e a baciarla.
Molto interessante e poco considerata nei riassunti che si possono leggere sul film, la scena dove lui e la moglie consegnano alla famiglia Martini, immigrati italiani, la casa tanto sognata, permettendo loro di uscire dal tugurio nel quale vivevano pagando un salato affitto a Mr. Potter. Qui l’accettazione del diverso come una ricchezza da accogliere e sostenere, accettando la sua cultura, invitandolo ad integrarsi nella nuova, è rappresentata chiaramente, la famiglia italiana è numerosa, rumorosa, sporca, ma non per questo meno dignitosa, nel trasloco caricano pure una capra in auto, pure la capra è di famiglia. Mi ha fatto sempre molto sorridere questa cosa, Frank Capra cita la sua storia famigliare e tra gli attori mette una capra vera, se non è senso dell’ironia questo, immagino quante volte da immigrato presentandosi veniva fuori questa cosa dell’omonimia con il simpatico animale.
In questa scena chiaramente ispirata alle vicende della propria famiglia, Capra mostra il tema dell’accoglienza, ancora attualissimo ai giorni nostri, offrendo diversi spunti di riflessione su come potrebbe essere una risorsa quello che è considerato un problema o l’occasione per arricchirsi ulteriormente a discapito dei più deboli. I capolavori sono tali perchè non invecchiano artisticamente ma anche perchè affrontano temi fondamentali purtroppo irrisolti ancora oggi. Le cose vanno male, imprevisti di ogni genere, sul più bello arriva anche la grande crisi del 1929, la vita di George Bailey si complica a tal punto che il suicidio sembra essere per lui l’unica soluzione, in suo aiuto arriva un Angelo, anzi un angelo di “seconda classe” Clarence Oddbody. In un film sul fallimento, sulla crisi degli ultimi, sui poveri Cristi, un angelo non poteva avere le ali e l’aureola ma essere anch’esso di seconda classe, con il faccione mite e rassicurante di Henry Travers. Clarence mostra a George, attraverso quel sottofinale di cui parlavamo sopra, quanto è importante quella vita che stava buttando nel fiume.
La mia speranza è che alla fine di questa epidemia noi tutti non butteremo nel fiume quello che di buono questo maledetto morbo ci sta lasciando. Un'idea di mondo dove la salute è un diritto di tutti, poveri e ricchi. Un'Europa più forte e non debole e divisa più di quello che già è. Un mondo meno egoista, dove si odia di meno e si aiuta di più. Un mondo a misura dei tanti George Bailey che vivono e lottano in questi giorni, che faticosamente questo mondo lo portano avanti e non indietro nella storia. Il mio invito questa settimana è la visione del film, perchè fa bene al cuore e all’anima, una vera medicina. Io ci trovo sempre qualcosa e ogni volta che lo guardo, mi aiuta. Forse molti giovani non lo conoscono, la televisione generalista è morta, da anni non viene più trasmesso, pochi consigli alla visione possono essere migliori di questo. Il cinema di Frank Capra non è solo cinema, è un codice che ci permette di interpretare la vita, con onestà e impegno civile, affrontando le lacrime e le difficoltà a testa alta, perchè alla fine, per quanto possa essere dolorosa la vita, ci potrà sempre regalare un altro sorriso. La vita È meravigliosa.
Altri titoli fondamentali:
Accadde una notte (It Happened One Night, 1934)
È arrivata la felicità (Mr. Deeds Goes to Town, 1936)
Orizzonte perduto (Lost Horizon, 1937)
L’eterna illusione (You Can’t Take It with You, 1938)
Mr. Smith va a Washington (Mr. Smith Goes to Washington, 1939)
Arriva John Doe (Meet John Doe, 1941)
Why We Fight (1942-1945)
Arsenico e vecchi merletti (Arsenic and Old Lace, 1944)
Angeli con la pistola (Pocketful of Miracles, 1961)
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